Una delle rivelazioni dell’inchiesta di Giorgio Mottola sul colosso della telefonia italiana, che andrà in onda domani sera su Rai3 nella prima puntata della nuova stagione di Report coinvolge l’accordo tra TIM e DAZN (lo rileva Il Fatto Quotidiano)
Nell’ultimo anno di campionato e di partite che si interrompono, rotelline che girano, gol visti in ritardo o non visti per niente, non si perdevano solo il segnale nelle case degli italiani e la pazienza dei tifosi. Sono andati perduti anche milioni, un’ottantina per la precisione, dalle casse di Tim, che avrebbe pagato molto più del previsto l’intesa con DAZN.
Tutto inizia a febbraio 2021
Bisogna riavvolgere il nastro al febbraio 2021 quando, in piena asta per i diritti tv, Dazn invia una lettera riservata alla Lega Serie A dove spiega che la sua offerta è affidabile anche per la presenza di Tim come partner tecnologico e finanziario.
Quel documento sposta gli equilibri della partita contro Sky: è proprio la garanzia di Tim a convincere i patron indecisi a rompere con la pay-tv. Poche settimane dopo, l’assemblea voterà a larga maggioranza per l’offerta faraonica di Dazn, 840 milioni a stagione, 2,5 miliardi in tre anni. La Serie A dal 2021 al 2024 va in streaming, a Sky restano le briciole.
La lettera svelava anche la proporzione dell’apporto di Tim: perché 80 mln in più a DAZN?
“Il partner – si legge nei documenti visti da Report di Rai 3 – si è impegnato al pagamento di un minimo garantito annuale pari in media a più del 40% del corrispettivo annuale integrato”.
Cioè circa 340 milioni l’anno, un miliardo totale, e in effetti queste sono le cifre di cui si è parlato fino ad oggi. Invece un audit interno, non pubblico, sostiene che la somma realmente sborsata sarebbe di circa 410-420 milioni, ben più del 40% dichiarato. Cosa dovrebbero significare questi 80 milioni di differenza? Se non altro che Tim in realtà ci è cascata più del previsto, visto che l’impegno alla fine era praticamente del 50%, magari per l’attivazione di clausole nel contratto con Dazn. I revisori, comunque, ci vogliono vedere chiaro: l’audit, in cui si parla di anomalie, sarebbe solo il primo di una serie di accertamenti. Né Tim, né Dazn hanno risposto a Report sulle cifre esatte dell’accordo.
Un’operazione controversa
Lo sbarco di Tim nel calcio rimane un’operazione controversa, che doveva rivoluzionare il pallone in tv e per certi versi lo ha anche fatto: resta qualche rimpianto per una buona intuizione (spostare le partite dalla desueta parabola verso lo streaming), profonde ferite per la realizzazione non all’altezza delle aspettative, molti veleni.
La società decide di buttarsi a capofitto perché per una volta gli interessi delle sue due anime sembravano convergere: da una parte Tim, che teme l’ingresso di Sky nella telefonia (la pay-tv aveva lanciato la sua offerta sulla fibra) e decide che l’attacco sui diritti tv del calcio può essere la miglior difesa per conservare gli abbonati; dall’altra Vivendi, ingolosito forse dalla prospettiva di scalare Sky tramortita dalla perdita del pallone.
Avrebbe giocato un ruolo centrale Andrea Pezzi, consigliori di Vivendi in Italia, che pur negando, a Report ha raccontato di un incontro in sede con l’ex ad di Tim Luigi Gubitosi, e quello della Serie A Luigi De Siervo, in cui gli fu chiesto cosa ne avrebbe pensato Vivendi.
Tim – come altri in precedenza: Mediaset, la stessa Sky, tanti si sono fatti male col pallone – sognava di entrare nel cuore dei tifosi e così nelle case degli italiani: gli abbonati ci sono, una base di oltre 3,5 milioni, il problema è andarli a prendere.
L’idea industriale era buona, ma evidentemente le stime no: il business plan parlava di 1,8 milioni di nuovi contratti, si sono fermati a quota 550mila, per colpa dei problemi di trasmissione di Dazn e della condivisione dell’account permessa dalla App.
La perdita di TIM e il nuovo accordo con DAZN
Tim ha segnato una perdita complessiva da mezzo miliardo sui tre anni (indicata nell’ultima relazione al bilancio del collegio sindacale), tanto che ha fatto di tutto per uscirne il prima possibile, rinunciando in estate all’esclusiva e ottenendo uno sconto da Dazn (si parla di 100 milioni in meno l’anno). L’insuccesso (e l’indagine interna) sono finiti nella resa dei conti che ha contribuito al ribaltone che ha portato all’addio di Gubitosi, sostituito da Pietro Labriola.
Qualcuno in CDA adesso starebbe valutando un’azione di responsabilità o addirittura un esposto in Procura sulla gestione dell’accordo con Dazn. La partita è già persa, ma non è ancora finita.